ATLETA O SUPEREROE? Quando stress e tensione prendono il sopravvento
Creature perfette, iperperformanti, supereroi esenti da debolezze: così vengono descritti gli atleti di alto livello. Ma prima di essere atleti olimpici, prima di essere i numeri uno, prima di essere i favoriti per la vittoria, prima di qualsiasi altra cosa, sono persone, con le loro fragilità, i loro dubbi, i loro limiti e, a volte, la percezione del peso di una nazione sulle spalle.
Naomi Osaka, Simone Biles, Federico Burdisso, sono solo alcuni dei nomi di atleti che, durante i giochi olimpici di Tokyo 2020 hanno spezzato il tabù delle pressioni psicologiche a cui sono sottoposti gli atleti.
Federico Burdisso: ” Non volevo neanche farla la gara. Ho avuto molto stress e tensione” racconta il nuotatore italiano, bronzo nella finale dei 200 farfalla. Continua: “Purtroppo sto soffrendo molto di tensione e ansia in questi giorni. Non mi è mai capitato, non mi stresso facilmente, ma questa manifestazione è più grande di me. Sto facendo fatica e la pressione non mi fa bene. Sento eccessivamente anche le aspettative”.
Anche Naomi Osaka parla apertamente dei problemi di salute mentale degli atleti: “È Ok non essere Ok” dice la tennista numero 2 al mondo, eliminata a sorpresa al terzo turno del singolare femminile.
E Simone Biles, una delle atlete più attese di tutta la competizione, ha dichiarato: “Ho combattuto tutti quei demoni, ora devo concentrarmi sulla mia salute mentale e non mettere a repentaglio la mia salute e il mio benessere. Dobbiamo proteggere il nostro corpo e la nostra mente. Nella mia testa ci sono solo io”. La ginnasta americana ha rinunciato a due finali olimpiche per dare priorità alla sua salute mentale.
Difficile da credere?
I problemi di ansia e stress sono molto più diffusi tra gli atleti di quanto se ne parli. Passando per Michael Phelps, campione di nuoto statunitense che ha raccontato di aver pensato al suicidio “nel 2012 passavo la vita a letto, non volevo vivere” a Serena Williams: “Sento che vorrei poter abbracciare Naomi, perché conosco questa situazione, l’ho vissuta”, “La salute mentale non è uno scherzo, è una cosa reale e seria”, fino al nostro Gigi Buffon che ha raccontato di aver sofferto di depressione.
La gestione dello stress e delle energie è indispensabile per raggiungere elevate prestazioni.
Un buon equilibrio tra prestazione fisica e mentale è imprescindibile: l’atleta raggiunge una performance ottimale quando si sente bene, fisicamente e mentalmente.
Mai come in queste olimpiadi, gli atleti hanno riportato quanto la componente mentale sia fondamentale e vada quindi considerata nella gestione della loro gara. Saper mettere a nudo le proprie fragilità e affermare di non farcela è segno di forza, il primo passo per poter scoprire le proprie risorse, mettere in campo strumenti e migliorarsi a 360 gradi.
Ma cosa può portare un supereroe a tanta fatica e senso di insicurezza?
Nel caso specifico dobbiamo ricordare che stiamo parlando di competizione olimpica, per definizione la più importante a cui un atleta possa aspirare. Il carico emotivo vissuto, l’ansia da prestazione, le pressioni e le aspettative sono di per sé più elevate delle altre competizioni, e bisogna riuscire a gestirle al meglio nell’esecuzione della prestazione, ma anche in tutto il periodo che definisce questo evento.
L’atleta deve saper gestire lo stress dovuto a ritmi e carichi di allenamento, alle pressioni e tensioni esterne, alla paura di non farcela, di fallire, di deludere sé e gli altri o, addirittura, la nazione intera che rappresenta; può essere in difficoltà in quella che noi, psicologi dello sport, chiamiamo gestione dell’attivazione, comunemente definita “ansia”. Livelli di attivazione ottimali possono infatti supportare una prestazione eccellente, viceversa livelli troppo bassi o troppo alti influenzano la prestazione in negativo, da un lato riducendo le energie a disposizione per insufficiente attivazione psico-fisica, dall’altro per un eccessivo e non utile dispendio di risorse causato da troppa attivazione, assolutamente non funzionali.
Dobbiamo sempre ricordarci che l’atleta è prima di tutto una persona e, che quindi, potrebbe vivere momenti faticosi e difficili al di là dell’ambiente sportivo. Provate a pensare a quando vi è capitato di vivere un momento di difficoltà o di crisi personale, sono ahimè inevitabili nel nostro percorso di vita. In quel momento riuscivate a concentrarvi allo stesso modo nelle vostre attività? Eravate produttivi come sempre?
Ai nostri supereroi viene detto di “lasciare fuori” dal contesto sportivo le preoccupazioni esterne…fosse facile! La verità è che non sempre è possibile e soprattutto semplice. Le emozioni, le preoccupazioni, le fatiche vissute nella vita quotidiana, dalle meno importanti alle più significative, sicuramente possono impattare sul benessere mentale dello sportivo e incidere sul suo percepirsi pronto ad affrontare la gara, ad allenarsi e a trovare le forze per andare avanti al meglio. La percezione di sicurezza, inoltre, può oscillare nel corso della vita e della carriera e con essa la motivazione, la percezione di efficacia, l’autostima, la consapevolezza e fiducia delle proprie abilità e capacità.
Queste Olimpiadi sono state sicuramente entusiasmanti sotto molteplici punti di vista. Come ha più volte ribadito il nostro presidente Coni Giovanni Malagò “ne avevamo bisogno, il mondo ne aveva bisogno”. Dobbiamo, infatti, considerare le specificità di questa olimpiade Tokio 2020, un evento e una competizione preparati in 5 anni invece dei normali 4 a causa della pandemia, rimandata più e più volte, lasciando spesso il mondo dello sport in sospeso. Cambi nella gestione degli allenamenti, della preparazione e delle risorse individuali e del gruppo, in un periodo storico caratterizzato da cambi di rotta e modifica della quotidianità, pressioni generali, preoccupazioni elevate a livello nazionale e internazionale…un inevitabile dispendio di energia sia fisico che mentale.
Ma non finisce qui…tutto di queste olimpiadi è stato faticoso. Alcuni atleti hanno purtroppo avuto il covid e quindi sospensione dell’attività, nuovi controlli e visite mediche alla ricerca dell’idoneità agonistica. Per non parlare poi dei tamponi fatti settimanalmente. E una volta arrivati a Tokyo, all’evento che per definizione riunisce atleti da tutto il mondo, che è caratterizzato non solo dallo sport, ma anche dalla partecipazione, amicizia, rispetto, uguaglianza, internazionalismo, pace e fair-play…tutto bloccato, tutto più difficile. Tutti i momenti di relazione e condivisione fra gli atleti sono stati fortemente limitati a causa del virus, sono state, quindi, limitate le occasioni per staccare mente e corpo dagli allenamenti e dalle competizioni, rendendo ancora più complessa la gestione mentale della gara.
Ma arriviamo al dunque… come è possibile gestire al meglio le risorse personali, i livelli di stress e di ansia pre-gara?
Riteniamo sia necessaria una buona preparazione mentale, vale a dire l’acquisizione di strumenti e strategie che possano aiutare l’atleta ad affrontare questi vissuti, regolare le energie e le risorse a disposizione, incanalandole in pensieri e comportamenti propositivi e funzionali alla performance. La preparazione mentale ha infatti lo scopo di far “emergere”, “tirar fuori” dall’atleta le sue risorse per favorire la migliore prestazione e predisposizione ad essa.
La preparazione mentale prevede un allenamento, non è qualcosa che può essere improvvisato prima di una competizione, bisogna infatti padroneggiare strumenti e tecniche che richiedono lavoro e consapevolezza. Con l’aiuto dello psicologo dello sport l’atleta può acquisire e quindi utilizzare, nei modi e nei tempi corretti e funzionali, tecniche di respirazione, rilassamento, visualizzazione per migliorare un gesto tecnico o prepararsi alla competizione; acquisisce strumenti per gestire l’attivazione pre gara portandola a livelli ottimali e supportivi alla prestazione, diviene abile nella gestione dei pensieri disfunzionali, negativi e disturbanti, in favore di altri più propositivi e motivanti. Riesce a ritrovare e gestire i livelli di motivazione, bilanciando quella esterna, o estrinseca, con quella interna, intrinseca, servendosi di un buon dialogo interno o self-talk e di una corretta pianificazione.
La figura dello psicologo dello sport è quindi fondamentale nella buona riuscita di sportivi a tutti i livelli, è una guida che, come un allenatore insegna tecnica e tattica della preparazione mentale, preparando l’atleta alla sua miglior performance.
La fragilità fa parte dell’essere campioni e il riconoscerla è segno di grande consapevolezza di sé, delle criticità da migliorare, del loro essere persone con fatiche ed emozioni, nonché apertura al miglioramento per la prestazione futura.
Queste olimpiadi hanno mostrato l’umanità degli atleti, in cui ci siamo immedesimati e identificati, in cui abbiamo osservato come la componente mentale, al pari di quella fisica, possa influenzare tutte le altre eccellenti qualità, anche in atleti di livelli altissimi, aspiranti campioni olimpici. Abbiamo assistito a campioni di alto livello che anche nella sconfitta o nell’abbandono, hanno dimostrato di essere persone prima che sportivi, mostrando un modo diverso di intendere l’eccellenza e di essere supereroi!
Michaela Fantoni
Sara Meloni
Milena Rota
*Durante la lettura potrebbero essere utilizzati termini specifici di genere per facilitare il flusso narrativo. Ogni volta che viene utilizzato un termine specifico di genere, deve essere inteso riferito ad ogni genere, a meno che non sia esplicitamente indicato il contrario.