Star bene si può!

Solo Elpis, la speranza, come in una casa indistruttibile, dentro all'orcio rimase, senza oltrepassarne la bocca, né fuori volò, perchè prima Pandora aveva rimesso il coperchio per volere di Zeus egíoco che aduna le nubi.

Elpis è ancora nel vaso.

CHIEDIMI SE SONO FELICE! PROSEGUIRE LA VIA DELLA PROSOCIALITA’ PER COMBATTERE IL BULLISMO

Pubblicato da il Giugno 24, 2019 in adolescenti, Età evolutiva

CHIEDIMI SE SONO FELICE! PROSEGUIRE LA VIA DELLA PROSOCIALITA’ PER COMBATTERE IL BULLISMO

La lotta al bullismo è sempre più oggetto di cronaca e dibatti. Si discute di interventi, progetti, iniziative, attività e proposte di stampo e natura diversi. Tutte azioni volte a combattere questo fenomeno che sempre più sembra divulgarsi tra i banchi di scuola, di ogni ordine e grado e con innumerevoli forme e sfaccettature, molte ancora forse poco studiate e conosciute.


All’interno di questo panorama l’obiettivo è la ricerca e l’attuazione di strategie per ridurre i comportamenti negativi dei bulli, incrementare l’interesse e la sensibilità sociale al fenomeno, aumentare gli strumenti per la lotta all’aggressività e alla prevaricazione a disposizione di chi ogni giorno lavora con i giovani…tutto però sembra essere sempre e solo orientato a contrastare il comportamento negativo, per eliminarlo.
Ma siamo davvero cosi sicuri che bulli e vittime siano così diversi tra loro?
Il bullo è davvero così forte e sicuro di sé?
O forse dietro a le sue azioni si nasconde una personalità fragile.
Bulli e vittime hanno davvero bisogni cosi diversi?
O forse necessitano entrambi di un percorso mirato alla propria affermazione sociale e relazionale e all’incremento della fiducia in se stessi?

Ci abbiamo pensato tanto…E siamo arrivati a questa conclusione, o meglio ad un importante punto di partenza. Per affrontare la tematica si possono scegliere due vie: partire dal problema e spiegare ai bambini “cosa non si fa” oppure decidere di educare i bambini alla “prosocialità” e offrire loro un’opportunità di crescita, sapendo identificare e scegliere cosa voler essere e quali strade perseguire.
Riteniamo che si possa combattere il bullismo dando ai giovani strumenti e strategie di interazione efficaci, efficienti e positive da spendere nelle relazioni con i pari e non solo.
Ecco allora che torniamo a parlare di educare alla prosocialità.
Ma cosa intendiamo per abilità prosociali e prosocialità?
Parlare di prosocialità non è sicuramente semplice poiché racchiude in sé una serie di comportamenti, atteggiamenti e modi di essere differenti. A tal punto le definizioni sono innumerevoli e con focus molto differenti rispetto alla tipologia di azione specifica come donare, aiutare e consolare (Caprara, 2006) alla finalità ovvero agire per il bene altrui senza ricompensa (Mussen & Eisenberg, 1985), fino ad altre che pongono l’accento sulla reciprocità nella relazione.
Roche (1995) infatti definisce prosociali quelle azioni e comportamenti agiti per beneficiare altri, senza desiderio di una ricompensa che possono recare beneficio ad entrambe le parti della relazione generando reciprocità e interazioni positive, di qualità e solidali, con effetti sul singolo o gruppo consistenti.
Quindi essere prosociali in primo luogo implica possedere alcune abilità e caratteristiche comportamentali e personali che permettano di vivere bene con sé e con gli altri. Si tratta di abilità comunicative che garantiscono un adattamento dell’espressione comportamentale ed emotiva, in base al contesto e all’interlocutore. Competenze emotive in cui sono implicate l’empatia, ovvero “il mettersi nei panni dell’altro” e comprendere pienamente il suo stato d’animo con rispetto e senza giudizio, la capacità di riconoscere, di esprimere e di condividere le proprie e altrui emozioni, principi e bisogni nonché le abilità di autocontrollo. Fondamentale saper ascoltare l’altro, il supporto, il rispetto, l’altruismo, la generosità e la solidarietà e i comportamenti volti a favorire l’altro garantendo il suo benessere.
La scelta della prosocialità contro il bullismo
Il bullismo vede la messa in atto di comportamenti e agiti che ledono volontariamente l’altro con la finalità di trarre profitto, vantaggio, senso di superiorità e soddisfazione personale. I bulli vivono una forte difficoltà nell’accettazione di sé e nel controllo delle proprie emozioni e agiscono al fine di garantirsi popolarità, accettazione e riconoscimento dal contesto sociale. I mezzi e gli strumenti che hanno a disposizione sono tuttavia poco consoni all’agire sociale, ma utili a raggiungere gli scopi, pertanto agiti in modo naturale e spesso senza scrupolo alcuni, è la normalità. Sono individui con forti difficoltà empatiche, incapaci di comprendere lo stato d’animo altrui, vivere e gestire il proprio, con alle spalle contesti famigliari talvolta difficili. La vittima da parte sua vive stato di forte paura, sottomissione e difficoltà a reagire, sentendosi spesso abbandonata dagli altri e priva di armi di difesa e reazione.
Lavorare sulle abilità prosociali può quindi contrastare le difficoltà relazionali del bullo, offrendo modelli nuovi e funzionali da spendere nelle relazioni, incrementare le abilità del gruppo nel sostegno alla vittima e nella lotta alla criminalità, ma soprattutto creare un clima positivo, basato su reciprocità e rispetto all’interno del gruppo di giovani.
Bambini e ragazzi hanno la possibilità di sperimentare modalità di relazioni positive in cui trovare se stessi, capire cosa si vuole essere e diventare, imparando ad ascoltarsi nel profondo. Si donano loro esperienze di confronto e condivisione in cui è richiesta l’apertura alla relazione con l’altro, permettendo di affrontare le paure e la scarsa tolleranza della diversità.
È un allenamento all’ascolto dell’altro, al riconoscimento e gestione delle proprie emozioni e nell’accettazione empatica di quelle altrui. Si acquisiscono i valori della condivisione e dell’aiuto, imparando ad interrogarsi su come è meglio agire per non arrecare danno.
Quello che cambia dagli altri interventi è il focus orientato all’insegnamento di ciò che può essere fatto e agito e le modalità, piuttosto che cercare di ridurre i comportamenti negativi affermando ciò che non deve essere fatto.
Gli effetti positivi dell’essere prosociali
I giovani imparano a vivere in gruppo, a stare insieme e ad ascoltarsi, mettendosi nei panni dell’altro e sperimentando dinamiche di classe e di comportamento utili per migliorare l’armonia nel contesto scolastico e l’accettazione dell’altro. Questo genera nei bambini e ragazzi un sentimento positivo volto alla condivisione e al rispetto reciproco, fondando il proprio agire a valori prosociali e di sostegno privo di interesse, se non generare benessere.
A livello individuale essere prosociali ha effetti positivi sull’autostima aumentando il senso di sé, riconoscendosi come persona nel gruppo, capace di interagire, raggiungere scopi condivisi e lavorare per il proprio e altrui benessere. L’essere abili nelle relazioni e capaci di agire nel gruppo e per il gruppo rende i bambini e i ragazzi maggiormente sereni e felici, e il contesto scolastico positivo e meno pericoloso.
In Danimarca non lavorano contro il bullismo, stanno attuando un programma che si chiama “Liberi dal Bullismo”. Dedicano un’ora alla settimana allo sviluppo di dinamiche di gruppo positive, all’ascolto reciproco e alla condivisione, consentendo agli studenti di imparare a stare insieme. E i ragazzi coinvolti nel bullismo sono scesi dal 25% al 7%.
Forse ha ragione Helle Baktoft quando dice che “non esistono bambini cattivi, ma solo dinamiche di gruppo sbagliate”.

Michaela Fantoni

ElisaBacale

Milena Rota

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