MOTIVARE IL CAMBIAMENTO utilizzare il colloquio motivazionale
Spesso ci si stupisce osservando alcune persone che, pur conoscendo gli aspetti negativi e le conseguenze di un determinato comportamento, perseverano e non sembrano intenzionate a modificarlo. Ciò appare particolarmente evidente con gli adolescenti e può rappresentare una vera e propria frustrazione per tutti quei genitori che vedono i propri figli perseverare in comportamenti dannosi o “sbagliati”, comportamenti che possono andare dal fumo, alle cosiddette “nuove dipendenze” (dipendenza da video-games, da social media, da serie tv ed altre), a cattive abitudini alimentari e altro ancora.
In generale il processo con cui le persone cambiano appare in realtà molto più complesso di quanto ci si potrebbe aspettare, e lo è ancor di più quando tale cambiamento riguarda comportamenti o atteggiamenti che sono diventati nel tempo delle abitudini.
Uno degli elementi che influenza maggiormente il processo di cambiamento è sicuramente la motivazione. Tuttavia, vi sono diversi aspetti che fanno sì che una persona sia più o meno motivata a modificarsi.
Per prima, deve riuscire a percepire il proprio comportamento come problematico, in altri termini deve avere un’adeguata consapevolezza del problema, processo alquanto difficile e per nulla scontato. Basti pensare a tutti quei bevitori che non riconoscono tale comportamento come un problema. Un altro aspetto che influenza la motivazione è la fiducia che la persona ha nelle proprie capacità di riuscire a cambiare, quello che viene definito il senso di autoefficacia. Infatti, una persona potrebbe voler cambiare un proprio comportamento ma essere convinta di non riuscire a farlo, magari a seguito di alcuni fallimenti precedenti, e per questo motivo essere poco motivata ad impegnarsi in un cambiamento. Infine, una persona potrebbe essere consapevole della problematicità di un proprio comportamento, ma non ritenere importante modificarlo, magari perché ritiene prioritario impegnarsi su altro, oppure perché considera i vantaggi di quel comportamento superiori alle sue conseguenze. Per esempio, molto spesso gli adolescenti che iniziano a fumare sanno razionalmente che “fumare fa male”, ma ritengono più importanti i vantaggi sociali immediati (ad esempio, la sensazione di sentirsi più grandi o l’essere accettati da parte del gruppo) rispetto alle possibili conseguenze a lungo termine.
Quest’ultimo aspetto rappresenta perfettamente il problema dell’ambivalenza rispetto al cambiamento. Infatti le persone, e ancor più gli adolescenti, possono percepire un conflitto interno rispetto alla possibilità di cambiare, perché vedono vantaggi e svantaggi in qualsiasi decisione prenderebbero. In queste situazioni l’atteggiamento spontaneo dei genitori può essere quello di schierarsi dalla parte della decisione “giusta”, portando argomentazioni contro quella “sbagliata”. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, questo atteggiamento porterà all’unico risultato di far arroccare il ragazzo sull’altra possibilità, qualsiasi essa sia. Ciò avviene perché agendo in questo modo egli non risolve il proprio conflitto interno, ma anzi lo vede agito concretamente nella realtà esterna tramite la contrapposizione con l’interlocutore. Spesso, quindi, dietro all’atteggiamento oppositivo degli adolescenti nei confronti dei genitori non vi è una volontà di ribellione o di sfida, ma semplicemente la rappresentazione di un’ambivalenza interna che il ragazzo non riesce a risolvere.
E quindi cosa possiamo fare?
Il colloquio motivazionale di Miller e Rollnick si propone come una risposta a questa domanda. Esso consiste in uno stile di conversazione collaborativo finalizzato a rinforzare la motivazione e l’impegno al cambiamento propri della persona. In altri termini, con questa modalità di colloquio si cerca di favorire nella persona lo sviluppo di un’adeguata consapevolezza del problema e di incrementare la motivazione al cambiamento, tenendo conto di tutti i fattori descritti sopra e partendo dal presupposto che”si può condurre un cavallo all’acqua, ma non si può costringerlo a bere”. In altre parole, l’obiettivo del colloquio motivazionale non è di imporre il cambiamento o convincere la persona che DEVE cambiare, ma di far sì che la persona stessa, una volta giunta all’acqua, decida che valga la pena bere. L’atteggiamento del professionista è quindi un atteggiamento maieutico, ossia un atteggiamento che accompagna il cliente in un percorso in cui è lui stesso a far emergere le ragioni per cui potrebbe valer la pena impegnarsi per un cambiamento, in un clima di collaborazione e accettazione a scapito di critica o contrapposizione.
Il modello teorico su cui si fonda il colloquio motivazionale considera che ci sono diversi stadi che le persone possono attraversare durante un processo di cambiamento, e pertanto le modalità del colloquio vengono adattate proprio allo stadio in cui la persona si trova. Per esempio, se la persona si trova in una fase in cui l’ambivalenza e l’incertezza rispetto alla possibilità di cambiare sono massime (fasi definite di precontemplazione o di contemplazione) il professionista cercherà di aiutare la persona a riflettere sui propri valori, bisogni e desideri al fine di sciogliere (in un senso o nell’altro) tale indecisione; se invece il cliente è già fortemente determinato a mettere in atto il cambiamento auspicato (fasi di determinazione o di azione) il professionista non farà altro che aiutarlo a trovare delle strategie efficaci per mettere in pratica la sua intenzione di cambiare.
In generale si può dire che il colloquio motivazionale può essere efficacemente applicato in tutte quelle situazioni in cui le persone sono alle prese con la decisione di cambiare qualcosa nella propria vita. Come già accennato, infatti, la finalità di questo modello di colloquio non è quella di convincere le persone a cambiare in una determinata direzione, piuttosto quella di aiutarle a prendere una decisione consapevole e in linea con i propri valori. Per questo motivo il colloquio motivazionale può risultare utile anche in situazioni di difficoltà rispetto a decisioni in cui non c’è chiaramente una scelta sbagliata e una giusta, come ad esempio decidere se cambiare lavoro oppure se lasciare il proprio partner.
Nello specifico, il metodo del colloquio motivazionale nasce nel contesto della cura delle dipendenze da alcol, in cui i professionisti si ponevano il problema di trovare un modo efficace di affrontare le numerose resistenze e ambivalenze di questi pazienti rispetto al cambiamento. In seguito il suo utilizzo è stato esteso anche alle dipendenze da sostanze, e attualmente vi sono evidenze scientifiche di una sua efficacia, sia come trattamento a sé stante sia in preparazione o in aggiunta ad altri trattamenti, in diversi altri ambiti, tra cui soprattutto il gioco d’azzardo e la promozione dei comportamenti legati allo stile di vita (riduzione del fumo di tabacco, modificazione delle abitudini alimentari, prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili ecc.). Come si è già affermato, il colloquio motivazionale viene impiegato efficacemente anche con bambini e adolescenti, principalmente come intervento per il monitoraggio del peso e la prevenzione dell’obesità infantile, la cura dell’igiene orale, e, con i ragazzi più grandi, anche per favorire la motivazione e la consapevolezza rispetto alle problematiche relative al fumo, all’uso di alcol e sostanze stupefacenti, e anche a quelle che vengono definite le nuove dipendenze (dipendenza da internet, video-games, serie tv ed altre). Inoltre, alla luce di quanto affermato precedentemente, proprio l’atteggiamento maieutico e non direttivo che caratterizza il colloquio motivazionale può renderlo particolarmente adatto agli adolescenti, in quanto riduce la sensazione che il cambiamento venga imposto dall’esterno, aumentando invece la percezione di un’autonomia nella presa di decisione.
In conclusione, nello spirito del colloquio motivazionale il cambiamento viene favorito mettendo al centro quello che la persona riesce a far emergere, facendo riferimento a quanto già affermava Pascal: “le persone si lasciano convincere più facilmente dalle ragioni che esse stesse trovano piuttosto che da quelle scaturite dalla mente altrui”.
Francesco Massa